La valutazione dei rischi ed il DVR: non solo burocrazia, ma investimento concreto.

Anno 5 Nr. 8 - FOGLIO TECNICO del 29/09/2016

Non è concepibile la sicurezza come qualcosa di separato dal lavoro, come opzionale o sussidiaria, e neppure è pensabile che il documento di valutazione dei rischi, per quanto obbligatorio, possa essere sufficiente per il solo fatto di esistere.

Quand’anche il DVR fosse perfetto nei contenuti, la valutazione di tutti i rischi è un’attività in continuo divenire; in ogni momento ogni azione deve essere preceduta dall’analisi di ciò che potrebbe verificarsi (pericolo), dal calcolo della probabilità (rischio) che ciò succeda e dall’individuazione delle modalità di lavoro da attuare per ridurre il rischio.

Il documento è “un mezzo” per comunicare e rendere evidente il processo di valutazione dei rischi ma non è “il fine”; con il documento viene reso “un adempimento burocratico” più o meno costoso da chi lo considera una cosa inutile, formale, da tenere in forma cartacea, a prescindere dal contenuto e soprattutto da chiudere nel cassetto finché non sarà l'organo di vigilanza a richiederlo.

Quando si interpreta la valutazione dei rischi come burocrazia, si acquista un prodotto inutile per l’azienda. L’inutilità si desume dal fatto che molte pagine sono il prodotto di un “copia incolla” in cui sono pedissequamente riportate molte pagine del testo della norma; infatti, dove è necessario citare una norma, è sufficiente il solo riferimento (articolo, comma) poiché si può dare per scontato che il contenuto sia noto. Altro segno di inutilità è la descrizione generica dei pericoli e la valutazione dei rischi effettuata con metodi approssimativi; spesso, in questi casi, la definizione delle misure di prevenzione e protezione è generica, non specifica dell’attività aziendale o, ancora peggio, conclude con la dicitura “il datore di lavoro adotterà misure idonee e fornirà DPI idonei” etc. In realtà cosa è idoneo per la sicurezza e per la salute deve essere definito in dettaglio proprio nel documento che firma il datore di lavoro.

Succede molto spesso che il documento sia firmato dal datore di lavoro che tuttavia ne ignora il contenuto. Anche se è evidente, per la complessità e la molteplicità degli argomenti, che vi sia la necessità di collaborazione di altre figure (RSPP, medico competente, consulenti), è sbagliato pensare che il documento sia ciò che serve per superare positivamente il controllo dell’organo di vigilanza che, invece, prende visione sia del documento sia dell’ambiente di lavoro; è molto difficile che vi sia un ambiente di lavoro completamente conforme alle normative sulla sicurezza se il documento (e la valutazione a monte) sono soltanto una produzione “di facciata”. Viceversa è possibile che il documento abbia contenuti appropriati senza che ciò incida sulla reale implementazione della sicurezza in azienda.

Spesso chi scrive i documenti si esprime con elaborate previsioni onnicomprensive e con prescrizioni generiche applicabili a svariate situazioni (a volte sono le stesse degli articoli del D.Lgs. 81/08). Se il legislatore si esprime in modo generico, è giustificato dal fatto che espone una regola o un concetto che deve poi essere applicato in svariate realtà; chi decide le misure di prevenzione da utilizzare in un ambiente aziendale, ben individuato e caratterizzato per il tipo di lavorazione svolta, non può essere generico nei contenuti.
La legge può dire, ad esempio, che si adotteranno DPI idonei perché non elenca in modo esaustivo tutte le situazioni ma il datore di lavoro deve confrontare i rischi (quelli residui, dopo aver adottato le protezioni collettive) presenti nella sua azienda con le caratteristiche delle varie tipologie di DPI e poi deve individuare quelli idonei e adeguati per ciascuna situazione, caratterizzandoli secondo i criteri di marcatura CE in modo che sia poi facile acquistare quelli “giusti”.

Nel caso di un’indagine per infortunio o malattia professionale non è la semplice esistenza del documento a definire se ci sono o no responsabilità del datore di lavoro a prescindere da ciò che c’è scritto nel documento stesso ma è l’attuazione delle misure di prevenzione.
È chiaro che un documento con contenuti scadenti peggiora la posizione del datore di lavoro ma un documento perfetto non lo esonera da responsabilità. Bisogna allora interpretare correttamente il ruolo “strumentale” del documento di valutazione dei rischi che dovrebbe essere il modo corrente di gestire la sicurezza.

Il tempo da dedicare ad una continua e specifica valutazione del rischio e le spese per la sicurezza sono un investimento ed evitano il rischio di gravi ripercussioni economiche in caso di infortunio o malattia professionale.

Fabiano Rinaldi - Presidente Silaq Company


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