Campi elettromagnetici

Anno 5 Nr. 5 - FOGLIO TECNICO del 26/05/2016

Campi elettromagnetici.
Le disposizioni specifiche in materia di protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagnetici sono contenute nel D.Lgs. 81/08 - Capo IV del Titolo VIII - Agenti fisici – e derivano dal recepimento della direttiva 2004/40/CE, fissato inizialmente al 30 aprile 2008, e successivamente posticipato dalle direttive 2004/46/CE e 2012/11/CE.
Il 26 giugno 2013 è stata approvata la nuova direttiva 2013/35/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) che ha abrogato la direttiva 2004/40/CE a decorrere dal 29 giugno 2013.
Gli Stati membri dovranno conformarsi alla direttiva entro il primo luglio 2016. In attesa della opportuna riformulazione del Titolo VIII Capo IV del D.Lgs. 81/08, ai fini del recepimento della nuova direttiva, resta valido il principio generale di cui all’art. 28 del D.Lgs. 81/20, ribadito relativamente agli agenti fisici all’art.181, che impegna il datore di lavoro alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, inclusi quelli derivanti da esposizioni a campi elettromagnetici, ed all’attuazione delle appropriate misure di tutela, a decorrere dal 1 gennaio 2009 (art. 306).

Ai fini della nuova direttiva, s’intendono per “campi elettromagnetici” campi elettrici statici, campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo con frequenze sino a 300 GHz. I campi elettromagnetici vengono prodotti da una vasta gamma di sorgenti alle quali i lavoratori possono essere esposti sul luogo di lavoro. Essi sono generati e utilizzati in molte attività lavorative, ad esempio i processi di fabbricazione, la ricerca, le comunicazioni, le applicazioni mediche, la produzione, trasmissione e distribuzione di energia, la telediffusione, la navigazione marittima e aerea e la sicurezza. I campi elettromagnetici possono anche essere incidentali, come i campi generati in prossimità dei cavi di distribuzione dell’energia elettrica all’interno degli edifici, oppure dovuti all’impiego di apparecchiature e dispositivi elettrici. Poiché gran parte dei campi è generata elettricamente, essi scompaiono quando l’alimentazione viene interrotta.
La direttiva riguarda gli effetti diretti e indiretti accertati che sono provocati dai campi elettromagnetici, ma non affronta le ipotesi di effetti a lungo termine sulla salute. Gli effetti diretti sono suddivisi in effetti non termici, come la stimolazione di nervi, muscoli ed organi sensoriali, ed effetti termici, come il riscaldamento dei tessuti. Gli effetti indiretti si verificano quando la presenza di un oggetto in un campo elettromagnetico può costituire un pericolo per la sicurezza o la salute (interferenze con apparecchiature e altri dispositivi medici elettronici; interferenze con apparecchiature o dispositivi medici impiantabili attivi, per esempio stimolatori cardiaci o defibrillatori; interferenze con dispositivi medici portati sul corpo, per esempio pompe insuliniche; interferenze con dispositivi impiantabili passivi per esempio protesi articolari, chiodi, fili o piastre di metallo;.etc.).

Esposizione a campi elettromagnetici e aumento della probabilità di insorgenza di cancro.
Nonostante le onde elettromagnetiche penetrino nel corpo umano e possano causare riscaldamento dei tessuti, i livelli a cui siamo normalmente esposti sono talmente bassi che questo fenomeno è pressoché inesistente. Studi di correlazione tra esposizione a campi elettromagnetici e aumento del rischio di cancro sono ancora in corso, soprattutto per valutare eventuali effetti a lungo termine. Gli organi sanitari internazionali, come lo IARC e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, raccomandano un continuo controllo e monitoraggio del fenomeno. Finora però le numerose ricerche epidemiologiche e di laboratorio non hanno fornito prove di una relazione diretta di causa-effetto tra campi elettromagnetici e insorgenza del cancro.

È ormai scientificamente assodato che i campi elettromagnetici interagiscono con i tessuti biologici. L’interazione è tanto più potente quanto più ci si trova vicini alla sorgente e varia in base alla frequenza. Il principale effetto dei campi elettromagnetici (soprattutto quelli a radiofrequenza) sul corpo umano è il riscaldamento: lo stesso principio sfruttato nei forni a microonde per riscaldare i cibi. Tuttavia, i livelli ai quali siamo normalmente esposti, per esempio mentre guardiamo la televisione o utilizziamo il computer, sono molto inferiori ai valori richiesti per produrre un riscaldamento significativo.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato i campi elettromagnetici come cancerogeni di gruppo 2B, ovvero come sospetti agenti cancerogeni per i quali vi è una limitata prova di cancerogenicità negli esseri umani e un’insufficiente prova di correlazione nei modelli animali. In pratica sono in questa lista tutte le sostanze sulle quali sono state fatte sperimentazioni ad altissimi dosaggi in laboratorio, ma per le quali non c’è al momento alcuna prova di pericolosità per l’uomo alle concentrazioni comunemente presenti nell’ambiente.

Sono stati compiuti numerosi studi epidemiologici e di laboratorio per valutare l’associazione tra l’esposizione ai campi magnetici e diversi tipi di tumori (per esempio leucemie, tumori cerebrali e tumori al seno). La maggior parte di questi studi non ha stabilito nessuna chiara corrispondenza tra i due fenomeni, né in ambiente domestico né lavorativo. Gli scienziati stanno inoltre studiando se c’è una correlazione tra insorgenza di cancro ed esposizione a campi elettromagnetici a lungo termine, ma fino a oggi non c'è stata la conferma di alcun effetto nocivo.

I tumori più diffusi in età pediatrica sono le leucemie e i tumori al cervello. Molti studi sono stati condotti a questo proposito a partire dal 1979, ma i risultati non sono sempre concordi. Uno studio condotto dal National Cancer Institute e dal Children Oncology Group ha valutato se l’utilizzo di apparecchiatura elettrica domestica da parte delle madri in gravidanza potesse aumentare il rischio di leucemia nei nascituri, ma i ricercatori non hanno evidenziato alcun rapporto causa-effetto. Un’altra indagine del National Cancer Institute ha valutato che non vi è correlazione tra l’insorgenza di leucemia linfoblastica acuta infantile e l’esposizione domestica a campi elettromagnetici inferiori a 0,4 microTesla . Il rischio di leucemia infantile raddoppia invece in casi di esposizioni a campi elettromagnetici di intensità superiore ai 0,4 microTesla, ma è una situazione che raramente si verifica nella vita quotidiana, a meno che una famiglia non abiti direttamente sotto un traliccio dell’alta tensione, come accade in alcune zone rurali degli Stati Uniti. Uno studio canadese ha invece associato l’esposizione sul lavoro di donne in gravidanza con un maggior rischio di leucemia infantile nei figli, ma ulteriori studi su altre popolazioni sono necessari per comprendere se il nesso di causa-effetto rimane tale in tutte le situazioni.
In generale, i ricercatori concordano sul fatto che non ci sono prove convincenti a favore di una correlazione diretta tra tumori infantili ed esposizioni a campi elettromagnetici.

L’uso dei cellulari ed il rischio di tumori del collo e della testa.
Nell’ottobre del 2012 la Corte di Cassazione ha riconosciuto una malattia professionale non tabellata al manager Innocente Marcolini (rendita pari a 80% di inabilità al lavoro). Secondo la sentenza, il tumore benigno al nervo trigemino di cui soffriva il manager era attribuibile a un uso eccessivo del cellulare (5-6 ore al giorno per oltre 10 anni). Si tratta della prima sentenza in Italia che ha indicato un nesso di causalità tra un uso intensivo del cellulare e un tumore.
Una sentenza non costituisce, però, una prova scientifica. Molti esperti hanno infatti ribadito che tale sentenza non trova solida giustificazione nella scienza poiché non esistono prove scientifiche di un nesso di causa-effetto tra l’so dei cellulari e i tumori del collo e della testa, tra cui quello al nervo trigemino. Inoltre la IARC considera limitato il grado di correlazione tra l’utilizzo intensivo di telefoni cellulari e lo sviluppo di tumori cerebrali come gliomi o neurinomi acustici; mentre lo considera inadeguato (cioè non dimostrato scientificamente) per tutti gli altri tipi di cancro.

Fabiano Rinaldi - Presidente Silaq Company


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